martedì 18 marzo 2014

In effetti, a scadere nel ridicolo ci vuol poco!

Arsenij Meschersky sera d'inverno, 1866


Dmitry Yarosh, leader del più grande gruppo neo-nazista in Ucraina, ha rilasciato una dichiarazione in cui invita il terrorista ceceno, Doku Umarov, a commettere atti di terrorismo in Russia. Cosa sarebbe accaduto negli USA se un signore della guerra qualsiasi di Al-Qaeda avesse rilasciato una dichiarazione dello stesso tenore ma contro gli Stati Uniti? Quanti droni sarebbero alla ricerca di costui?



Il fatto che l'attuale governo ucraino non sia in grado, nonostante gli accordi del 21 Febbraio scorso, di disarmare l'opposizione più violenta, è l'evidenza che agli USA-UE interessa molto poco che gli equilibri geopolitici riprendano la loro piega pacifica, ma che la Russia sloggi dalla regione.

Si dice che Putin abbia preso personalmente le decisioni che hanno portato al surriscaldamento della questione Ucraina-Crimea. E che intorno a questa decisione si sia coagulato un supporto di alti funzionari politico-militari e dei servizi segreti che non hanno nessun interesse ed affare economico in Occidente che possa essere oggetto di... congelamento (da sanzioni). Già nel 2013 in Russia fu approvata una legge che prevede, per i funzionari russi, di NON possedere beni, eccetto quelli immobiliari, all'estero.

Se il referendum in Crimea, che ha visto la partecipazione al voto del 77% degli aventi diritto, e il cui risultato favorevole all'annessione della regione alla Russia ha ottenuto più del 90% di voti (ovvero la maggioranza assoluta della popolazione!), immaginate quale possa essere in consenso popolare che Putin attualmente gode in Russia, non solo da parte del suo elettorato ma anche dei comunisti nazionalisti da sempre anti-statunitensi.

E sembra che Putin sia pronto a controreagire alle eventuali sanzioni che dovessero provenire dall'Occidente a fronte della "annessione" della Crimea: far cadere il dollaro, vendere titoli di Stato USA, incoraggiare le imprese russe attive sul mercato internazionale a esigere i debiti in dollari, creare una moneta alternativa per gli scambi commerciali ed energetici fra i BRICS. Venezuela e Iran non aspetterebbero altro, seppur per motivi diversi. E la Cina non resterebbe a guardare pur di riprendersi dall'arresto produttivo che sta patendo anch'essa. A questo ci aggiungiamo che Gazprom esigerebbe all'istante il pagamento pregresso dall'Ucraina delle forniture di gas (che ammonterebbero a 1,89 miliardi di dollari), e senza contare che la stessa Gazprom rifornisce l'Europa di gas naturale per il 25% del suo fabbisogno (l'Italia ne importa per il 60% del suo fabbisogno!).

Lo stesso Presidente della Rosneft, Igor Sechin, che ha appena acquistato le quote azionarie di Unicredit e Intesa, al World Energy Congress in Corea del Sud dello scorso ottobre suggerì l'adozione di una borsa energetica alternativa prezzata con una moneta diversa dal dollaro.

Putin definisce "ridicole" le parole minacciose della UE contro la Russia. E non è la prima volta che le minacce europee vengono definite così. I beni occidentali potrebbero ricevere lo stesso trattamento che si vuol riservare a quelli russi. E qualcuno comincia a richiamare i pericoli che nel frattempo si stanno sviluppando.

Ad esempio in Germania, massiccio importatore insieme all'Italia di gas naturale russo, ha cominciato a fare un paio di conti: Anton Borner, Presidente dell'associazione per il Commercio con l'estero tedesca (BGA) seppur snocciola previsioni di scambi con l'estero per il 2014 di 2.000 miliari di euro, mette in guardia dai contraccolpi che la Germania riceverebbe dall'inasprirsi della crisi con la Russia. Borner prevede un aumento delle esportazione del 3% e delle importazioni del 2%, con un saldo positivo della bilancia commerciale di 215 miliardi di euro, il più grande mai avuto. Però se la crisi in Crimea dovesse prendere una piega sfavorevole alle pacifiche relazioni di mercato, le cifre  potrebbero di molto cambiare.

In verità bisogna anche dire che la Russia ha un enorme debito estero, la cui cifra è di circa 700 miliardi di dollari. La stessa Rosneft ne ha 60 miliardi di debito nei confronti del sistema finanziario internazionale. Insomma, le interconnessioni sono così fitte che appare difficile procurare un danno alla Russia senza procurarsene una eco. E sapete chi possiede principalmente questo debito delle società russe? Le banche USA appena 24 miliardi di dollari... quelle europee molto molto di più. Immaginate se, a fronte delle sanzioni europee contro la Russia, questa inviti le sue imprese al fallimento verso il ripiano del debito estero?

Intanto si scaldano i motori: è cominciata la guerra sulle materie prime, in particolare sul petrolio, da parte degli USA. E la Russia ha subito controreplicato vendendo 105.000 milioni di dollari in titoli di Stato USA. Poca roba... ma i segnali ci sono tutti. Il saldo del debito USA posseduto all'estero se ne è avvantaggiato, scendendo a 2.850 miliardi di dollari di debito pubblico.

In effetti, a scadere nel ridicolo ci vuol poco!





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