giovedì 24 ottobre 2013

Quando piove, diluvia...

henri lehmann - ritratto di clementine karr - 1845
La Russia, da quanto riportano i giornali, ha superato il PIL dell'Italia, retrocessa quest'ultima dall'ottava posizione alla nona. Forse non siederà più nel G8? Probabile, se i dati sulle imprese e le attività produttive che si spengono sono quelle che è possibile ricavare da questo buon grafico interattivo. Nel 1975, nell'allora G6, con la guida di Moro, l'Italia divenne il 6° Paese con l'economia più forte, non ostante le migliaia di ore di sciopero, gli alti stipendi e salari indicizzati con la scala mobile, il fenomeno del terrorismo rosso e nero, i tentativi di golpe, lo stragismo, e un debito pubblico... sotto il 60% del PIL!

Il PIL della Russia però è sostanzialmente prodotto dalle esportazioni di materie prime ed energetiche. Infatti il vice premier Igor Shuvalov in una intervista alla Reuters nei giorni scorsi si è premurato di difendere le politiche macroeconomiche russe poichè  il vero problema della Russia è la conservazione della stabilità economica affinchè si corra ad investire nel suo territorio e si ripristini un minimo di attività industriale che è quasi del tutto scomparsa. Cosa peraltro difficile, dato che i colossi economici ed energetici russi non cederanno quote di controllo sulle politiche russe, senza parlare dei rischi politici e della corruzione dilagante.


Il bilancio triennale russo prevede una revisione al ribasso della crescita del PIL, e quindi minori entrate fiscali. Il tutto alla soglia delle rielezione di Putin a Presidente, dopo il sabbatico come premier.

Il deficit di bilancio previsto a fine 2013 sarà dell'0,5%, e l'anno prossimo e nel 2015 è previsto crescere fino all'1%. Niente male, se non fosse che senza i proventi fiscali derivanti dal gas e dal petrolio il deficit sarebbe superiore al 10%! E ora le esportazioni di petrolio e di gas sono sotto pressione. E anche quelle delle materie prime, dato che la crisi è globale, e gli effetti più vigorosi che si lamentano in UE e USA si riverberano anche in Cina e negli altri Paesi del BRICS.



Ad ogni modo, le stime delle riserve di petrolio della Russia sono molto confortanti, come si può leggere sul grafico di sopra. La Russia ha appena superato le capacità estrattive e di esportazione dell'Arabia Saudita. In soli 16 anni le scorte sono aumentate di 30 miliardi di barili, senza contare quelle che si contano poter estratte nell'Artico, stimate in 90 miliardi, seppur da verificare quanto estraibili.

Quindi, dei 10 milioni di barili al giorno estratti dalla Russia, la metà viene esportata, in buona parte in UE.




Nel grafico di sopra può leggersi la dipendenza crescente della UE dalle fonti energetiche russe e degli stati facenti parte della ex URSS.

Se è vero che chi ha l'energia è chi detiene il potere, risulta chiaro che la morsa della Russia sull'UE si fa sempre più stretta, e il sorpasso del PIL russo su quello italiano è uno dei tanti campanelli d'allarme per le orecchie che si sentono.

Infine, la collaborazione fra Cina e Russia si sta facendo sempre più stringente. Nel gennaio scorso un oleodotto che collega la Siberia alla Cina è stato completato, e la Rosneft - la compagnia energetica statale russa -  consegnerà per i prossimi 25 anni 300.000 barili di petrolio al giorno, aumentando le esportazioni verso la Cina di ben il 75%! Lo stesso oleodotto è in una comoda posizione per le esportazioni in Corea del Sud, Giappone e USA.



Nessun commento: