lunedì 27 maggio 2013

L’Unione Europea fa la sua scelta energetica: si guarda avanti, anzi indietro


Immagine da http://www.progettoenergiazero.it

Pochi giorni fa si è tenuto un summit, dedicato alle questioni energetiche, dei Capi di stato europei. Quella che è andata in scena è stata la solita drammatica farsa, e se qualcuno ancora pensava che l’Unione Europea abbia una posizione energetica comune può tranquillamente ricredersi. Purtroppo i segnali che provengono da questo vertice sono preoccupanti, sembra che i paesi europei stiano rifiutando anche solo di pensare a delle politiche innovatrici.

Le analisi fatte dai delegati sono state ottime e puntuali, hanno preso in considerazione l’andamento del mercato energetico, ricavandone che serve una politica europea comune, o il nostro continente rischia di essere sommerso da attori esteri che propongono energia a tariffe decisamente più basse, come nel caso degli Stati Uniti, che stanno facendo grandi investimenti nello shale gas, ossia il gas ricavato dalle argille. La riunione si è quindi addentrata nella discussione su come mettere in atto prezzi competitivi per i mercati interni dei singoli paesi, e sulle misure per diversificare il consumo energetico rendendosi quindi meno dipendenti da paesi terzi, concludendo infine  con un invito al superamento del sistema degli accordi bilaterali. Insomma una seria analisi su come l’Europa possa essere un attore energetico autonomo e di primo livello.

Ma quando si passa all’analisi delle proposte fatte iniziano i problemi. Dalla riunione infatti non è uscito nulla che possa far pensare ad un accordo comune per affrontare la questione, nessuna linea di condotta, solo la constatazione che un’Unione Europea, almeno in questo campo, non esiste. Nessuna fonte energetica alternativa è stata indicata, ed ai singoli paesi è stata lasciata “autonomia” riguardo al modo di agire al proprio interno. Dietro al paravento delle diversità regionali, ogni paese è stato di fatto lasciato a sé, forse per non alterare equlibri ormai fragilissimi. Il rischio concretto è che i paesi più deboli paghino per le esitazioni dei paesi più forti, che non vogliono assumersi il compito di guidare un’effettiva integrazione europea, magari su basi nuove.

Ma l’aspetto più drammatico è stata la celebrazione di quella che è stata definita, dal liberaldemocratico tedesco Holger Krahmer, “isteria del clima”. L’Unione Europea ha infatti deciso di abbandonare, nel redigere politiche energetiche, le pregiudiziali legate al mutamnto climatico. Il convegno ha infatti salutato con favore voci propugnanti un ritorno all’uso del carbone, in quello che Claude Turmes, esponente verde del Lussemburgo, ha definito una drammatica sconfitta per gli ambientalisti. In più l’assemblea ha bocciato la proposta, caldeggiata dal Commissario al clima Connie Hedegaard, di revisionare l’ Emissions Trading System (ETS) in modo da non rendere troppo bassi i prezzi del carbone stesso.

Dietro a questo voto molti hanno visto il successo di importanti lobby industriali. Una vera e propria ingerenza che sarebbe certificata dalla lettera mandata da Markus Beyrer, direttore di Business Europe a Enda Kenny, Primo ministro irlandese e Presidente di turno del Consiglio europeo. Sospetti accresciuti dalle dichiarazioni finali dell’asseblea auspicanti una politica energetica efficiente e che vada “mano nella mano” con la quesione climatica. Sta di fatto che l’inversione di rotta dell’Unione Europea getta fosche luci sul futuro del continente, e dei suoi abitanti.

Come se non bastasse il giorno seguente Karel De Gucht, Commissario europeo al commercio, ha dichiarato che l’Unione Europea ha intenzione di arrivare ad un trattato di libero commercio con la Cina. L’Europa arriva da buon’ultima a volere accordi ai quali la Cina non è più interessata da quasi un decennio, e nel momento stesso in cui verso Pechino è in corso una battaglia protezionistica; ultimo caso l’importazione in Europa di pannelli solari cinesi. Negli stessi giorni gli Stati Uniti intervengono per dichiarare che auspiscano la realizzazione della Trans-Caspian pipeline, un gasdotto fondamentale per l’Europa e fortemente avversato da Iran e Russia. Non è un caso che a breve si conosceranno le sorti di Nabucco, e quindi del futuro energetico europeo.

Da Bruxelles non sembrano essere in arrivo buone notizie

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