martedì 30 aprile 2013

Primo Maggio Festa del Lavoro e senza chiudere la bocca





Prima di dedicarci alle riflessioni condivise che richiama questo titolo di post, si ritiene doveroso aprire con un pensiero solidale ed affettuoso ai due Carabinieri  ed alla Donna che sono risultati vittime, in forma pur di diversa gravità, dell’INAMMISSIBILE CRIMINALE salva di colpi d’arma da fuoco dinanzi a Palazzo Chigi.

L’affettuoso pensiero vaSENZA SE E SENZA MA di alcun tipo, alle ignare vittime. E va anche al governo democratico che si è appena insediato, trovatosi coinvolto nell’identico intollerabile messaggio di morte recato da quelle salve di colpi.
Niente può infatti giustificare il ricorso alla Violenza nella rappresentazione delle proprie idee o disagi; personale, mandata, senza mandanti, disperata o no che fosse, il ricorso alla Violenza NIENTE concede di diverso che non sia una condanna senza attenuanti di quel che è appena accaduto.


Questo Blog è particolarmente sensibile alla scelta della Non Violenza in ogni espressione privata o collettiva.
La Non Violenza totale, fisica e verbale, è stata infatti posta a base anche statutaria di un possibile Movimento politico riformatore (MPL) che anche qui si esprime. Basti pensare che, se chi ha proditoriamente sparato presso Palazzo Chigi fosse stato un aderente a questo stesso Movimento che ora scrive, si sarebbe ritrovato automaticamente il Movimento contro a richiedere l’ammissione a parte anche esso lesa per automatismo statutario, e a prescindere totalmente dal perché e percome l’interessato si fosse indotto a farlo. Oltre ad una ovvia espulsione dello stesso, evidentemente.

Questa stessa fondante esclusione di ogni forma di violenza anche Verbale all’interno della rappresentazione di propri programmi, concede tuttavia, allo stesso movimento potenziale che qui scrive, di sostenere che il legittimo dissenso, e la legittima espressione di libere opinioni politiche economico e sociali, non verrà mai rinunciata, e tanto meno tacitata. Neanche in un contesto amarissimo e condannato senza alcuna reticenza come è questo richiamato in apertura.

Quanto al moderare i toni eventuale, mai peraltro inutile come inclinazione generale di confronto, e che risuona tuttavia in troppi inidonei luoghi proprio ora, pare che vi starebbe meglio una sobria autocritica in <ravvedimento operoso> anche tra coloro che sino a pochi giorni fa si distinguevano per la delicata opinione contrapposta di <magistrati eversivi> risultata in controcanto a <incandidabile da dover dichiarare decaduto da parlamentare > <caimano>; il tutto risultato accompagnato da un ancora altrui altrettanto sobrio <se vi avanza un missile…>.

Sarebbe tuttavia anche bene se iniziassimo tra tutti noi a dirci che una così straripante diffusa violenza verbale della nostra politica attuale non discende tanto dal fatto che si possa oggi risultare più maleducati o magari più disinibiti. Pare piuttosto discendere dalla caratteristica stessa della nostra prevalente politica pluriennale.
Al cui interno, grazie ai parlamenti premiali, si sono potute confrontare due grandi cordate minoritarie e però sostanzialmente sovrapponibili tra di esse nei rispettivi programmi economico sociali perseguiti (tranne dettagli marginali sui rispettivi maggiori avvantaggiati o danneggiati). E se perdi la capacità di differenziarti dal tuo competitore politico sulla base dei Programmi trasparenti che pubblicamente proponi e su cui chiedi i voti, non rimane altro modo per attirare il possibile elettore che il culto del Capo accompagnato dal linciaggio verbale di chi si contrappone. Questo appare infatti esattamente quanto veramente accaduto alla politica italiana dell’ultimo ventennio.
Ed la <levatrice> comportamentale del linguaggio politico italiano risulta, ed in questo appare avere proprio ragione Grillo, l’area del Talk Show televisivo nazionale.Ai quali sicuramente non sarebbe male di intimare: Basta con la Violenza verbale fatta coccolato spettacolo seriale.
Una ultima nota vorremmo aggiungere, a quanto già detto. E che appare pertinente
Potrebbe infatti accadere che una convinzione di Non Violenza qui proposta come UNICO modo di affermare le proprie anche sacrosante opinioni e convinzioni umane e anche politiche possa far magari ritenere: si parla così, perché  chi parla non si è mai imbattuto nella altrui violenza magari non fisica, ma economico sociale  a volte anche più rovinosa e disperante.
Questo, il poterlo pensare, apparirebbe semplicemente un errore.
Chi scrive si è infatti personalmente trovato a scontrarsi con altrui Violenza economico sociale indebita ed anche non legale di <Poteri cosiddetti ufficiali> e Violenza che da oltre venti anni ha segnato e condizionato pesantemente la propria stessa intera vita umana personale. Non solo, ma questa altrui Violenza economico sociale subita, e da soggetti plurimi in fondo anche ben noti non solo a chi si trova inerme tuttora a subirla, doveva anche rivelarsi risultata mai cessata e sostanzialmente risultata rimasta nel concreto indisturbata: tanto da potersi consentire di provare ad ingoiare anche il presente economico sociale ed affettivo, proprio ora e definitivamente. Di chi scrive. In un Unicum di percorso che praticamente ha finito per abbracciare una intera altrui vita.

Dunque, chi scrive, ritiene di sapere bene anche lui cosa sia vedersi nella <disperazione> concreta e potenziale economico ed umana personale. Ma non arma, per questo, la propria mano. Nè inveisce in maledizioni e straparlare. 

Subisce solo, perché magari semplicemente rassegnato?

No, non subisce affatto senza reagire. Prova profonda amarezza questo sicuramente, ed a volte anche sorda privata indignazione. Come tanti, come ovunque quando si ritenga di subire un ingiusto colpo troppo grande e anche forse troppo prolungato.

Ma dentro una Non Violenza che chi scrive condivide come inclinazione  anche eticamente, ha ritenuto di mettere  il proprio piccolo impegno personale a disposizione anche di potenziali tanti altri. Soprattutto giovani. Al fine di aiutarli, soprattutto ai più giovani,  a pervenire tutti noi assieme ad una conduzione di nazione condivisa dove sia anche più facile vedere rispettati i diritti fondamentali di tutti anche senza <Protettori>.
E non è che i <poteri> di ovunque, grandi o piccoli ma che si ritengano onnipotenti, se ti <impicci> ti sono grati. Anzi...
E, allora che si fa? SI VA AVANTI, sapendo che provare ad aiutarci tra tutti ci aiuta a sentirci meno inutili e impotenti.

Questo è il quanto, anche se di natura apparentemente personale, ma quando si sceglie di condividere in pubblico proprie proposte od opinioni, chi scrive ha anche ritenuto che sia un naturale dovere di trasparenza permettere anche di comprendere meglio la persona di chi scrive. E comprendere meglio anche forse le stesse opinioni che espone.

Ecco, questo mi sembrava opportuno condividerlo. Anche per mostrare che chi qui parla di Non Violenza come metodo di vita privata come pubblica, non è che lo faccia perché Non abbia mai provato il <male> ed il dolore sopra la stessa propria pelle. Lo ha conosciuto e conosce invece anche personalmente, e forse anche troppo a lungo; sino a mordersi le labbra, a volte,  per non gridare di dolore....



Abbiamo così provato a dare ragione della seconda parte del titolo di questo post. Adesso possiamo accingersi altrettanto serenamente a dedicarci alla prima parte del titolo di questo medesimo post.


PRIMO MAGGIO Festa del Lavoro.

Il Primo Maggio è stato da tempo riconosciuto come data universale di celebrazione del Lavoro, e quindi dei vitali irrinunciabili diritti umani che esso solo concede ad ogni uomo e donna libera.

<<L'origine della festa risale ad una manifestazione organizzata negli Stati Uniti dai Cavalieri del lavoro (Knights of Labor, associazione fondata nel 1869) a New York il 5 settembre 1882. Due anni dopo, nel 1884, in un'analoga manifestazione i Cavalieri del lavoro approvarono una risoluzione affinché l'evento avesse una cadenza annuale. Altre organizzazioni sindacali affiliate all'Internazionale dei lavoratori - vicine ai movimenti socialisti ed anarchici - suggerirono come data della festività il primo maggio.>> (tratto da ww.wikipedia - Primo Maggio)

La scelta di questa data trae anche origine dal ricordo di un grave episodio repressivo accaduto ai danni di chi rivendicava appunto il proprio diritto al LAVORO ed ai suoi leciti redditi.

<< Ma a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti nei primi giorni di maggio del 1886 a Chicago (USA) e conosciuti come rivolta di Haymarket. Il 3 maggio i lavoratori in sciopero di Chicago si ritrovarono all'ingresso della fabbrica di macchine agricole McCormick. La polizia, chiamata a reprimere l'assembramento, sparò sui manifestanti uccidendone due e ferendone diversi altri. Per protestare contro la brutalità delle forze dell'ordine gli anarchici locali organizzarono una manifestazione da tenersi nell'Haymarket square, la piazza che normalmente ospitava il mercato delle macchine agricole. Questi fatti ebbero il loro culmine il 4 maggio quando la polizia sparò nuovamente sui manifestanti provocando numerose vittime, anche tra i suoi.>> (tratto da ww.wikipedia- Primo Maggio)


Quindi, il Primo Maggio, trae le sue origini proprio dall’intenzione di celebrare non solo la conquista dei diritti irrinunciabili umani e civili che solo il Lavoro individuale ovunque concede; ma anche per ricordare le testimonianze non violente – pur dinanzia all’altrui violenza – di quanti si sacrificarono per tanti anni e in tanti luoghi al fine di conquistare e consolidare quei medesimi diritti irrinunciabili per poter sperare di vivere lecitamente del proprio lavoro compensato da una retribuzione equa.

Ed anche in Italia oggi questa data del Primo Maggio, ormai spoglaitasi di ogni strumentalizzazione di ideologie che se ne erano sostanzialmente appropriate in forme prevalenti nei decennia passati, è ritornata a rappresentare quel che già era quando divenne un appuntamento positivo e condiviso nel mondo democratico: un giorno in cui celebrare il Lavoro e il suo ruolo di irrinunciabile pilastro costituzionale entro le Democrazie costituzionali.


Questo Movimento potenziale che quì ora scrive ha scelto di chiamarsi appunto per questo Popolare del LAVORO. Proprio per testimoniare, sin dal proprio stesso nome, che il patto fondante costituzionale delle nostre anche attuali democrazie – e quindi anche dell’Italia tra di esse – rimane ancora oggi la irrinunciabile speranza, per tutti, indistintamente, di poter vivere lecitamente, ed equamente del reddito personale e dei diritti che solo il LAVORO concede.

Senza Lavoro, e senza la speranza di poterlo conseguire, non c’è Costituzione, non c’è Democrazia: perchè rimane che ancora oggi donne e uomini di ogni etnia si affrancano ad Esseri Umani liberi e pari solo col LAVORO equo e conquistando proprio in questo modo quei diritti personali e collettivi che possono rendere uno Stato anche una Democrazia effettiva.

Ed allora, se il Primo Maggio è sorto quale data in cui celebrare il LAVORO come condizione fondante le nostre attuali democrazie - tramontate le ideologie che pretendevano di poterne avere l’esclusiva di una tale celebrazione – appare alquanto altrettanto evidente che, oggi, il Primo Maggio celebra il LAVORO senza aggettivi.

In altre parole, celebra, e ricorda, chiunque voglia vivere lecitamente del proprio Lavoro equo; e quindi, accomuna tutti gli esseri umani di buona volontà – uomini e donne indistintamente – sia di chi il Lavoro lo offra, sia di chi il Lavoro lo prende.
Accomuna pertanto – il Primo Maggio – chiunque  allungando le proprie nude mani, con calli o senza calli, possa serenamente dire: della loro operosità io vivo e ne ricavo anche il lecito reddito che mi lascia vivere. E mi lascia sperare un futuro anche migliore sia per me sia per chi ami.


E noi, in Italia, come stiamo messi – verso il Lavoro – in questo primo Maggio?

Se vogliamo essere sinceri sino in fondo, pare che non si possa tacere che noi Italia, in questo Primo Maggio, più che la Festa del Lavoro andiamo a celebrare un Lavoro a cui è stata fatta la Festa….
Perchè, con altrettanta sincerità, non pare ci si possa negare che, in questa nostra Italia attuale, il Primo Maggio trova una nazione in cui il diritto alla speranza individuale del Lavoro - di cui vivere - appaia da RIFONDARE, piuttosto che da celebrare.

Non sono solo le drammatiche statistiche della disocccupazione Donna, Giovani, ed anche Uomo italiane attuali a dirci che l’Italia oggi appare divenuta una nazione senza speranza di Lavoro. 
Ma non possiamo anche non vedere che, oggi, qui da noi Italia, anche chi lavori, se non appartenga a ristrette aree protette di privilegiati pubblici e privati, dal proprio Lavoro non ne ricava redditi minimamente sufficienti ad una lecita esistenza personale.

Non possiamo dunque non vedere che, in questa nostra Italia attuale, non solo siamo in presenza ad un crollo drammatico di offerta di lavoro; ma siamo, e oramai da molti anni, in presenza di redditi da lavoro che non consentono più lecite esistenze personali o familiari.
E questa involuzione reazionaria della condizione reddituale del nostro Lavoro italiano non appare affatto portata da un destino oscuro; quanto piuttosto portata da lucide politiche economiche sociali di demolizione pluruennale dei leciti redditi da Lavoro italiano.Al punto tale che, essendosi così impoverita la maggior parte della popolazione nostra italiana, questa miseria di massa si è già mutata in crollo della spesa individuale potenziale nazionale. E, di conseguenza diretta, si è mutata anche in crollo del mercato interno nazionale; e quindi anche in crisi dell’Imprenditore nazionale che vede la propria impresa o professione crollare per sopravvenuta assenza di mercato interno sufficiente.

Dunque, come in ogni tempo e come in ogni dove, il crollo troppo esteso ed accentuato dei redditi personali di lavoro finisce per divenire anche crisi di mercato e di Impresa produttrice. 
Perchè, nella miseria senza sviluppo, dopo il prestatore del lavoro - come vide già bene Roosevelt negli anni trenta del secolo trascorso - finisce poi inesorabilmente in medesima disperata ravvicinata crisi sia l’imprenditore come persino, alfine, lo stesso  Finanziatore.
E come vide appunto sempre Roosevelt, se una intera nazione si spegne, per rianomarla tutta devi ricominciare dal Lavoro e dai redditi per tutti che concede.

La verità appare che le economie moderne degli Stati costituzionali del mondo vivono solo del Lavoro e di quelli che esso a tutti gli appartenenti a quello Stato concede; in buona sostanza, al netto delle chiacchiere, vivono e prosperano tutti gli Stati democratici del Lavoro prestato  e del Lavoro offerto in onesto equilibrio tra di essi.
Ma quando crolla troppo uno dei pilastri fondanti di ogni Stato democratico anche attuale - che sia il Lavoro prestato come sia il Lavoro Offerto - allora, inesorabilmente lo Sviluppo di ciascuna nazione si spegne. E la democrazia rischia di ritrovarsi il punto di scontro e non di rappresentanza di tutti quelli che vi si riconoscono.

Allora qui pare che nella nostra Italia siamo in questo nostro Primo Maggio:
il prestatore di lavoro potenziale, ridotto in prevalente miseria sia dai redditi insufficienti del lavoro come dalla mancanza del lavoro stesso, affonda anche l’imprenditore che non trova più mercato alle proprie merci e professioni eventuali. 
E da questa comune crisi, di entrambi i vitali lati del Lavoro nostro nazionale, a più che buona ragione il Primo Maggio risulta qui da noi il giorno della solidale rivendicazione al Lavoro sia del Prestatore che dell’imprenditore.

In una plastica rappresentanza dal vivo della alleanza naturale di tutti I Produttori di ricchezza nazionale. Per rilanciarsi assieme solidali, così da evitare di estinguersi assieme marginali.

E se questo appare la condizione del nostro Lavoro complessivo nazionale, allora qualche cosa di diverso di una compiaciuta rappresentazione simbolica ci attenderemmo in questo Primo Maggio anche dalle nostre stesse Forze Sindacali.
No, non appare che esse stesse possano celebrare soltanto. Oggi quì in Italia.


(Fonte immagine: www.wikipedia.org - Primo Maggio)

Da esse anche ci attenderemmo un gesto simbolico grande di consapevolezza di quell che accade alla commune nostra nazione.

Che intendiamo dire?
Sogneremmo, in questo Primo Maggio, che anche le rapprenentanze Sindacali, come anche quelle Imprenditoriali, si proponessero alla Festa con una esplicita, pubblica, richiesta di Perdono ai propri stessi rappresentati.

Ma perdono di che, e senza averne reticenza del chiedere perdono se reticenza non ne hanno mostrato neanche Papi a chiedere perdono di possibili materiali errori di propria istituzione?
Chiedere perdono di ruoli trascorsi assolti, sia in azioni od omissioni, nello smantellamento nazionale del Lavoro come patto fondante di Costituzione; e fondante anche il benessere e sviluppo nazionale.

E di cosa potrebbe chiedere <Perdono> ai propri associati, sia una Organizzazione di rappresentanza sindacale come imprenditoriale?

Chiedere perdono per non avere idoneamente vigilato che, entrando in euro, il potere di acquisto equivalente del salario già in lire non ne risultasse brutalmente e arbitrariamente dimezzato;Chiedere perdono di non averlo contrastato un tale altrui disegno cattivo; di non averlo rivelato, di non averlo denunciato. Lasciando che la malinconia impotente si impossessasse dela vittima silente.
E di simmetrico comportamento di rappresentanza d’Impresa, chiedere perdono per aver potuto pensare che il futuro di una grande nazione, quale è e resta l’Italia ancora adesso, potesse fondarsi – dopo il nostro ingresso in euro -  sul sottosalario;
Chiedere perdono come associazioni Sindacali per non aver idoneamente vigilato nel’impedire la <mascalzonata> di una Comunità messa assieme tra monete diverse di Stati appartenenti; così condannando consapevolmente a morte il lavoro nazionale della moneta forte (euro) a ovvio inevitabile indebito favore di prestatori che venivano remunerati nelle loro monete deboli assai più convenienti per l’imprenditore Ue.Perchè questa è, e rimane la nostra delocalizzazione intracomunitaria che ha svuotato di lavoro le nazioni euro: la competizione impari quanto iniqua del Lavoro tra una moneta forte e monete molto meno forti. Ma tutte indifferentemente Ue con le stesse regole e mercato. Differenziale valutario a cui il lavoratore euro niente potrà mai offrire di equivalente a meno di accettare di lavorare per mero hobby senza alcun salario.
Chiedere perdono, altrettanto simmetrico come associazioni d’Impresa, per aver troppo a lungo pensato che si potesese andare a spasso per la Comunità a produrre tra le sue monete deboli per poi rivendere con colossali profitti ai popoli della moneta euro dellla medesima Ue. Illudendosi che i risparmi dei popoli euro/Ue, resi però progressivamente senza Lavoro proprio in questo modo, fossero illimitati e illimitatamente capaci di mantenere smodati altrui profitti di vantaggio iniquo.
Chiedere perdono ai propri rapprensetati per non aver sufficientemente vigilato affinchè il diritto di immigrazione al nostro interno rimanesse programmato ed equamente regolato (ed onorato ai nuovi venuti); e non divenisse una clava potenziale con cui tenere in riga il lavoro nazionale ed i suoi leciti redditi anche prospettici.
Ed altrettanto simmetrico, ancora, chiedere perdono per aver mentito nel sostenere che una disoccupazione interna di milioni di persone può convivere con dieci  milioni di occupati extranazionali senza rischiare che si sveli una cattiva aggressione dell’impresa nazionale alla propria occupazione interna.
Chiedere perdono per non aver vigilato a sufficienza perchè le politiche economiche dell’appena cessato governo Monti non svalutassero nei fatti, ed ancora una volta senza dirlo, di un altro 20/25% i redditi già esigui da lavoro nazionale tramite una intenzionale recessione equivalente.
chiedere perdono ai pensionati normali per non aver vigilato a sufficienza che le loro già esangui pensioni non venissero svalutate di altrettanto sopprimendogli l’indicizzazione in presenza di una volontaria recessione.
Chiedere perdono per non essere stati capaci di impedire che una Comunità d’appartenenza imponesse di svalutare i redditi fissi interni tramite strumentali recessioni equivalenti imposte per questo a troppi suoi Stati membri.
Chiedere perdono di essersi prevalentemente occupati di interessi di minoranze di privilegiati, sia come associazioni Sindacali che come d’Imprese, piuttosto che delle aspirazioni all’equità di tutti; Donne e Giovani per primi tra di essi.

Ecco, se cominciassimo con un Primo Maggio che celebrasse un po meno (anche perchè nella nostra italia pare esservi oggi ben poco da celebrare di diritti, ma molto da ricostruire di speranze elementari e vitali per tutti) e prevalesse, invece, una grande Operazione Verità di chi meritoriamente rappresenta grandi numeri di Lavoratori e di Imprenditori, forse anche come nazione nel suo intero complesso faremmo un grande passo Avanti.
Perchè la Verità, da sempre e ovunque, unisce; mentre la Reticenza persino dinanzi all’evidenza, divide e indebolisce tutti.


E dopo un bagno collettivo di umiltà sincera tra tutti noi, questo possibile splendido Primo Maggio sognato di riconciliazione e di riunificazione tra tutti, potrebbe anche risultare un grande Primo Maggio propositivo e sulla scia della riconquista pacifica dei diritti e della speranza per tutti?

Modestamente, riteniamo che si potrebbe fare anche di questo: un Primo Maggio che, nelle sue grandi associazioni del Lavoro e d’Impresa, assieme solidali, proponesse contemporaneamente:

-       Taglio immediato del prelievo fiscale attuale sui redditi da lavoro prestato senza distinzione (20% primo anno; 20% secondo anno) e con la differenza passata immediatamente al maggior reddito dell’interessato.

-       Taglio immediato ed identico anche a favore dei redditi da Pensione (sino a 5000€ mese); ed esenzione fiscale totale ai redditi da pensione sino a 600 € mese;

-       Taglio del costo del lavoro immediato: via Irap (50% primo anno e 50% secondo anno);

-       Taglio degli oneri aziendali attuali sul lavoro (meno 3% primo anno e meno 3% secondo anno);

-       Introduzione, accanto al salario base contrattuale, del salario integrativo da condivisione volontaria del profitto attivo di bilancio, ed idoneamente incentivato con congue agevolazioni da fisco a chi lo attui).

Tutto questo appare che si potrebbe decretare in una settimana e con immediati effetti posiitivi sulla vita economica e sociale della nazione intera; e come si finanzia?
Con tagli (non di Servizi o Prestazioni) per 140 miliardi spalmati su due anni, della spesa pubblica corrente italiana) e riforma contemporanea immediata dell’intero Fisco nazionale che mantenga le agevolazioni decretate oltre a fissare l’aliquota massima nazionale di prelievo mai oltre il 28% sul reddito che emerga all’nteressato.

In un amen, assieme a idonee riforme della Istruzione, dei Servizi alla donna che lavora e dei suoi Figli, e spinta ponderosa alla innovazione e alla Ricerca, e Legge elettorale che metta in soffitta la Violenza attuale dei premi e si rassegni a tornare a contare I veri voti e le preferenze elettorali. E assieme ad una Politica mediamente molto più sobria ed efficiente. Ed assieme ad una contemporanea deregolazione e delegiferazione poderosa.

Entro sei mesi ci ritroveremmo totalmente fuori dalla Recessione e contemporaneamente riavviati ad uno sviluppo forte permanente della nostra nazione nel suo insieme. Sviluppo che, da solo, ci risistemerebbe l’intero insieme dei parametri attuali Ue e che oggi invece ancora ci starngolano proprio perchè li affrontiamo in recessione.

Ed entro pochi mesi ci ritroveremmo avviati a Riassorbire velocemente l'attuale sconvolgente Disoccupazione ed Inoccupazione nazionale attuale.


Casa lo impedisce, che lo si possa fare?

Solo ed esclusivamente la volontà sufficiente e solidale – politica e sociale - di volerlo fare. NIENTE ALTRO di serio ed insuperabile, nazionale come Ue, pare ce lo vieterebbe.

In verità una condizione per poterlo fare ci sarebbe: lasciarci alle spalle – tutti solidali i Produttori di ricchezza nazionale – la Rendita Parassita di pochi che si è presa ormai da decenni in proprie esclusive mani la nostra intera ricchezza Italiana; e riconquistare, tutti assieme, pacificamente, ed in democrazia, la guida della nazione ai Produttori di ricchezza nazionale condivisa che ne sono la naturale maggioranza.

Perchè non farlo?
Perchè non tornare a fare anche delle Rappresentanze Sindacali e d’Impresa un motore fondamentale per l’aggregazione nazionale di un ritrovato disegno di Progresso condiviso?

Più aspetteremo, e più la nazione, cioè tutti noi uomini, donne, ragazze, ragazzi, soffriremo inutilmente perchè si attenda ancora efficaci gesti di riconciliazione e di redistribuzione equa nell’Innovazione e nella rifondazione nazionale condivisa.


BUON PRIMO MAGGIO a chiunque speri di poter vivere lecitamente del Lavoro e dei leciti redditi equi che ovunque concede.






P.S.
Questo governo appena insediato, di cui ci attendiamo di vedere il programma che attuerà e senza prevenzione, contrariamente alle apparenze, appare, comunque, il primo vero governo costituzionale ormai da molti anni. Appare infatti che questo medesimo governo appena insediatosi, nei fatti, risulta avere abbandonato la illusione divisiva del premio elettorale. E poggiare per la prima volta da molti anni, questo medesimo governo appena insediatosi, su una maggioranza reale dei voti elettorali così come appena manifestatesi.
Perché, indipendentemente dai propri programmi, questo governo dispone di una maggioranza elettorale vera e non di una mera maggioranza parlamentare abusivamente premiale come già troppe volte in precedenza.

Per il resto, se le sue politiche socio economiche dovessero rivelarsi un semplice rimodellamento delle politiche economiche parassite precedenti, esprimeremo un’alternativa programmatica ad esso senza sconti e senza reticenze.
Se innoverà invece verso il ritorno del Lavoro e dei suoi redditi e diritti quale pilastro della nostra condivisione costituzionale nazionale, non avremmo remore a dargliene eventualmente atto.



Questo post, che comparirà domani nel blog movimento popolare del lavoro.blogspot.it, viene <postato> in anteprima su N.O.I.
Anche con la piccola intenzione di <omaggio> alla stessa copertina di N.O.I ed ai suoi tantissimi lettori e lettrici.
Grazie, a N.O.I e a tutti voi, 

mario staffaroni

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