giovedì 17 maggio 2012

LA GUERRA DEL PELOPONNESO

Prendo a prestito da un articolo di ZeroHedge l'intuizione di inquadrare quello che sta accadendo in Europa, e che per adesso sta pagando la Grecia, attraverso la metafora della Guerra del Peloponneso di Tucidide e le sagge conclusioni cui egli giunse.
Anche qui siamo mossi dalla speranza che coloro che hanno condotto la Grecia in questo stato disperato ed i cui riverberi a catena saranno fatali per tutti gli altri stati europei, per gli equilibri geopolitici dell'area del Mediterraneo e la tenuta economico-finanziaria dell'Europa, rivedano velocemente le decisioni fin qui adottate e che si sono dimostrate affatto efficaci. Ma questa disposizione non appare all'orizzonte, se al futuro governo greco è stato imposto che entro il 30 Giugno vari un taglio della spesa pubblica del 5.5% del PIL. Sarà come cavare sangue ad un vampirizzato. Se lo scopo è quello di avvertire il popolo greco su cosa gli aspetta così che fra un mese esatto nel voto in cabina permetta che si costituisca una maggioranza che dia un governo alla Grecia dopo gli inconcludenti tentativi di formarne uno nei giorni scorsi, penso che si sia davvero fuori strada. Comunque, aspettiamo di vedere anche cosa accadrà il 10 Giugno nelle elezioni del parlamento francese, e cosa Monti dirà al discorso di apertura del Vertice dei G8 dopodomani, discorso che avrà già anticipato al telefono ad Obama, anche rispetto alla posizione dell'Italia al vertice della NATO che è in calendario subito dopo il G8. 
Qui di seguito, però, è bene riprendere le fila di un discorso che cominciò nel 1989, quando alla Germania apparve possibile riunificarsi, e forse cominciare a progettare gli Stati Uniti di Germania.
Mettetevi comodi, la storia è lunga!
Non si pensi che la Merkel in Germani sia sola: tutta la stampa tedesca le lobby industriali e finanziarie, dichiarano che i paesi mediterranei hanno finora tenuto una politica fiscale e finanziaria dissennata e dissoluta. Ed adesso ne pagano le conseguenze. Queste posizioni fecero dire a Monti, nella sua prima visita internazionale da Obama nel febbraio scorso, che taluni in Europa confondevano l'economia con la filosofia morale.
Infatti, è indubbio che l'istituzione della moneta unica europea e la politica monetaria dell'euro attraverso il suo forte apprezzamento sui mercati monetari (si è passati in 10 soli anni dallo 0,75 al 1,30 contro la divisa statunitense) ha consentito alla Germania di espandere le sue esportazioni sia in area EU sia internazionale (in particolare verso la Cina) e che oggi sommano il 60% del PIL tedesco. Altresì un euro forte ha permesso di accrescere la raccolta di liquidità monetaria in Europa dal mondo (liquidità monetaria che adesso dalla periferia europea sta ulteriormente indirizzandosi e concentrandosi verso la Germania).  Infine, è indubbio che la Germania, in passato, ha di fatto accettato che il debito dei paesi meridionali crescesse (attraverso le bolle speculative immobiliari e la crescita del debito sovrano) affinchè questi paesi potessero importare il surplus commerciale delle industrie tedesche che negli anni '90 hanno attraversato una profonda crisi di sovra-produzione e capacità. E' vero che la Germania ha sostenuto la sua politica attraverso una notevole stretta fiscale (che adesso impone come modello a tutti gli altri Stati europei), attraverso la riduzione dei consumi interni e la modifica delle politiche contrattuali  e retributive del lavoro (senza flessibilizzare le assunzioni). Ma è anche vero che senza l'euro le operazioni di uscita dalla crisi in cui si era cacciata e lo sforzo di riunificazione della Germania dell'est non sarebbero risultate efficaci in così breve tempo. Ed oltretutto, è poco chiaro come il modello tedesco possa essere applicato a tutta l'Europa: chi comprerebbe il 60% del PIL europeo nei mercati globali? Non certamente la Cina, che ha i consumi stagnanti (la crescita del PIL è unicamente dovuta ai massicci investimenti pubblici e privati). Nè la Russia, la cui economia è fondata solo sulle esportazioni di energia fossile, e quindi le ricchezze non sono sufficientemente distribuite. Men che meno l'India, paese che orbita in area Commonwhealth. Gli stessi USA non sono più da un pezzo sfogo del commercio mondiale. Ed i Paesi della America Latina non godono più di affidabilità.

Ma riprendiamo, quindi, un po' il filo di quello che accadde dal 1989.
Quando fu abbattuto il muro di Berlino fu chiaro che lo scenario europeo andava profondamente a modificarsi, e che i riverberi maggiori sarebbero ricaduti sulla Germania che con gli ex Paesi dell'est europeo ci confinava. 
Kohl volle fortemente la riunificazione della Germania, sotto tutti i punti di vista. Istituì una tassa di solidarietà che consentì i forti investimenti in infrastrutture, finanziò fortemente l'università per l'innovazione tecnologica in particolar modo nel settore delle energie rinnovabili, ne finanziò la crescita industriale del settore (oggi la ex Germania dell'est è il centro tecnologico e scientifico del settore industriale ed energetico rinnovabile, e forse ancora per poco perchè lo scettro passerà ai cinesi), promosse la riconversione energetica di tutta la Germania unificata verso le rinnovabili, sindacalizzò gli operai orientali e ne equiparò i salari a quelli occidentali. E tutto questo fu fatto con l'allora Marco Tedesco. 
Questa accelerata politica di equiparazione, però, nei fatti non corrispondeva alla realtà: la Germania orientale era molto diversa, e l'equiparazione monetaria 1 a 1 delle divise monetarie, nonostante la forte differenza di ricchezza, comportò solo il verificarsi di bolle speculative immobiliari ad est ed un ulteriore indebolimento della struttura industriale tedesca, con i fenomeni di delocalizzazione nell'Europa orientale dove i salari ed il costo del lavoro era più contenuti. L'effetto fu una forte disoccupazione giovanile e non nella ex Germania dell'est, effetti migratori intra-nazionali, ed un alto debito pubblico e privato. Kohl fallì. 
Schroeder, dopo 4 cancellerie di Kohl, riesce a far vincere con le sue posizioni liberali la SPD. Ed il piano  di rilancio economico dell'uomo sono dapprima i contratti di solidarietà nelle industrie tedesche, poi la riduzione dei salari, ed infine l'introduzione dell'Euro come moneta europea che sostenesse questa politica deflattiva per la ripresa della competitività del settore industriale tedesco. L'euro forte i tedeschi l'hanno sempre voluto (forse ad eccezione del primo governatore olandese della BCE Win Duisemberg che morirà nella sua piscina poco dopo la fine del suo mandato), e servirà a sostenere la ripresa tedesca ma nello stesso tempo ad inchiodare l'Europa meridionale ad una bassa competitività nei mercati internazionali ed europei che ha comportato lo sviluppo esteso della contrazione dei salari e della precarizzazione del lavoro, mentre nel frattempo si gonfiavano i PIL con bolle speculative immobiliari di cui principalmente l'Italia e la Spagna ne hanno sofferto e ne soffrono le conseguenze (seppur l'Italia un po' meno avendo le nostre banche cartolarizzato meno i mutui delle famiglie rispetto alle banche spagnole, grazie anche al fatto che esiste una estesa ricchezza privata). 
C'è chi sostiene che questa politica monetaria è stata solo utile alla Germania, anzi che è stata pilotata da essa. In parte è vero, ma c'è da riconoscere che il disegno tedesco, esteso a tutta l'Europa, se funzionasse renderebbe l'area la potenza economico-finanziaria globale più forte. Ma non sta andando così: si è supposto che le politiche monetarie e finanziarie avrebbero indotto le necessarie riforme fiscali nazionali, armonizzandole a quelle tedesche, che successivamente ne sarebbe venuta la stesura di precisi piani industriali nazionali assieme ai paralleli piani energetici, che le politiche formative e di sviluppo tecnologico quindi sarebbero state indirizzate verso gli scopi di sostegno alla competizione. Tutte cose che sono avvenute solo in parte, ed in maniera molto caotica: non c'è stato in Europa un vero contenimento dei consumi e delle retribuzioni, nessun adeguato sostegno al potere di acquisto delle retribuzioni (ad esempio, attraverso le politiche sulla casa facendo sì invece che sul settore si abbattesse la speculazione finanziaria), privilegiando politiche contrattuali flessibili fine a se stesse che sono solo servite ad allontanare di qualche anno la già scarsa competitività  delle industrie italiane e non.
Insomma, l'ostinazione a perseguire l'ideale europeo sta adesso minacciando un'estesa area geografica dell'Europa, mentre la Grecia già brucia: è di queste ore la decisione dell'associazione dei farmacisti greci di far pagare totalmente i farmaci ai cittadini, dato che lo Stato non paga più le farmacie, naturalmente perchè deve pagare i forti interessi sul debito. L'Europa voluta dai suoi padri era forse questa?


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