domenica 6 maggio 2012

ELEZIONI IN EUROPA 2012: risultati in Gran Bretagna

Cesto di frutta - Caravaggio
In Europa oggi si celebrano un po' di Elezioni: presidenziali in Francia, elezioni in alcuni comuni italiani, elezioni politiche in Grecia. Ma ci sono già state un po' di elezioni,  e ne emerge un quadro particolarmente interessante.
I primi sono stati i britannici, dove si è votato per le municipali. L'attuale governo liberal-conservatore di Cameron non ne esce premiato, seppur il dato più preoccupante è che solo il 40% degli aventi diritto di voto si sono recati alle urne. Fra le grandi città, i conservatori sono riusciti a prendersi a malapena Londra, il cui candidato laburista sindaco uscente, Ken Livingstone detto "il Rosso", è appartenente all'ala più radicale del partito che sembra averlo scaricato all'ultimo minuto. Il nuovo leader laburista Ed Miliband può festeggiare... ma sull'impasse della politica economica di Cameron.
Mister Cameron è colui che, insieme all'Irlanda, non ha firmato il nuovo patto di stabilità europeo, che Monti ha chiamato fiscal compact, e che si è tradotto in Italia nella modifica costituzionale che introduce il pareggio di bilancio, modifica approvata in pochissime ore mentre tutti si chiacchierava di Renzo Bossi di Belsito e di Lusi e relativi rimborsi elettorali e di cosa ne fanno. Quindi, seppur Cameron ha tentato di dire alla sua nazione, non firmando, che l'Europa non poteva impadronirsi della sovranità finanziaria e di bilancio del Regno Unito così come non era stata ceduta a suo tempo la sovranità monetaria non entrando in area euro, all'elettorato britannico non devono essere piaciute le politiche di austerità e di tagli alle spese che comunque sono state implementate e continueranno ad esserlo. Queste mosse non hanno convinto un elettorato che ha votato il partito dell'indipendenza europea (Ukip - UK Indipendence Party), ha consolidato e rafforzato il partito indipendentista scozzese (Scottish National Party), ha fortemente ridimensionato il successo di Clegg e del suo partito liberaldemocratico, e leggermente premiato il nuovo movimento dei Verdi.
I britannici, in poche parole, stanno dando segnali di intolleranza verso Cameron e Clegg ed il loro governo, che evidentemente sta disattendendo le attese che videro i due leader vincenti e che segnavano una discontinuità rispetto alle amministrazioni laburiste che li avevano preceduti. Oggi la Gran Bretagna si trova a non avere un assetto industriale competitivo, un legame troppo forte e forse mortale con il sistema finanziario globale, una crisi energetica dovuta al fatto che, con la riduzione delle riserve petrolifere off-shore nei suoi mari, sta costringendo a importare petrolio e ad implementare una politica di incentivazione delle fonti energetiche rinnovabili. L' Export Land Index sul petrolio britannico ci dice che ciò che viene estratto dai giaciemnti è adesso già insufficiente al fabbisogno nazionale, e che nella stessa situazione sono i cinesi, i più grandi attori e concorrenti nel mercato delle acquisizioni petrolifere e di gas naturale. E neanche il Commonwealth potrebbe aiutare la Regina, dato che l'Australia è negli stessi guai per la produzione di petrolio e gas naturale, ed in Canada i giacimenti esistenti producono petrolio di bassa qualità e ad un costo eccessivo di estrazione.
Insomma, il Regno Unito non è messo bene, e la sua democrazia ancor meno. E le politiche che sta dettando l'Europa, la BCE e la banca centrale tedesca non piacciono ai britannici. 
Il dibattito che si sta sviluppando, tutto nell'area liberista, vede adesso fronteggiarsi sostenitori della stretta fiscale, della riduzione delle spese statali, di tagli ai servizi, di innalzamento delle tasse e della pressione fiscale, tutte soluzioni con effetti ulteriormente recessivi. Di controcanto, alcuni liberisti critici strizzano l'occhio ad una sinistra europea favorevole agli Eurobond, seppur da emettere su precisi investimenti infrastrutturali. Insomma, se da una parte si dice che non puoi più permetterti una serie di cose se non hai i soldi, dall'altra si insiste che ai debiti sovrani esistenti e che sono già difficili da ripagare nella quota parte di interessi sopratutto in questo momento di recessione e di decrescita che mette ancor più in ginocchio le economia europee e i bilanci statali, la risposta ai problemi della crescita e del risanamento dei bilanci e dei debiti sovrani  è indicata in un ulteriore debito ma detenuto dalla BCE e dall'Europa.
In questa impasse che vede unicamente le soluzioni liberiste fronteggiarsi in soluzioni apparentemente diverse, ma unicamente tutte contabili e ragioneristiche, quello che emerge è la sconfitta della democrazia, del suo esercizio, e del diritto di cittadinanza. Ne sono indicatori precisi da una parte la scarsa affluenza alle urne, come nelle municipali britanniche (gli attuali governi delle città sono stati determinati da poco più del 30% di coloro che hanno votato e che ricordo sono stati il 40% degli aventi diritto, e quindi il governo delle città è stato deciso da una minoranza del 15% degli aventi diritto di voto!!!). Dall'altra, l'emergenza sempre più massiccia di un malcontento verso l'Europa che viene canalizzato nelle nuove e vecchie formazioni politiche, in Francia nei partito nazionale di Marine le Pen, in Gran Bretagna nel partito indipendentista scozzese che porta a casa per la prima volta il governo di 2 città, e nell'ascesa del partito indipendentista britannico che con il suo 13% porta nei consigli municipali una compagine di eletti e di istanze politiche antieuropee.
Entro oggi e domani vedremo cosa ne emergerà in Italia e in Grecia. Il risultato francese sembra scontato, ed ad ogni modo poco cambierà l'asse politico europeo ed il dibattito in corso sulle soluzioni possibili. Sarà invece dalle periferie che verranno le maggiori sollecitazioni alle fragilità esistenti nell'area sia della moneta europea (e l'Italia e la Grecia lo sono, insieme a Spagna e Portogallo e adesso anche l'Olanda) che nei restanti paesi che hanno conservato l'autonomia monetaria ma che non potranno fare a meno di decifrare e governare le sollecitazioni che comunque ne provengono da questa, oltre che quelle esistenti al loro interno per gli effetti globali della crisi economico-finanziaria. Uno di questi paesi è la Gran Bretagna. L'altro è la Svezia.


Nessun commento: