mercoledì 23 maggio 2012

CRISI DEI CORPI INTERMEDI E CRISI DELLA POLITICA



Oggi 23 Aprile 2012 sul Corriere della Sera Montezemolo annuncia la possibilità di partecipare al voto del 2013. E lo fa attraverso queste precise parole:

"Abbiamo speso la nostra voce per criticare il precedente governo quando era forte e (molto) vendicativo (...), così come abbiamo insistito sulle insufficienze della politica, sul fallimento della Seconda Repubblica e sulla totale mancanza di assunzione di responsabilità da parte dei suoi protagonisti."
Quindi, anche Montezemolo si muove proprio sulla stessa piattaforma paradigmatica dell'antipolitica, presentando ItaliaFutura non come partito ma come Movimento.

Il programma di massima:



1. riduzione del carico fiscale attraverso la riduzione della spesa pubblica, per liberare risorse ed energie per la crescita. E più precisamente scrive: "Pensiamo che lo Stato, oggi debole ma pervasivo, debba ridurre radicalmente il perimetro della propria presenza, dismettendo e tagliando tutto ciò che non rientra nelle sue funzioni fondamentali (...)".

2. rivedere le forme di partecipazione dei cittadini nei processi decisionali. Scrive: "Riteniamo che si debba rifondare il rapporto tra politica e cittadini, (...) Dobbiamo rendere conto ai cittadini come a veri e propri azionisti dello Stato".

3. rimettere al centro dell'agenda politica il lavoro e l'impresa. Scrive: "Pensiamo che la retorica della ricchezza individuale e dei ristoranti pieni abbia danneggiato la forza persuasiva di un'agenda di crescita e sviluppo, che deve invece mettere al centro il lavoro, il merito e il dinamismo dell'iniziativa produttiva"

Quindi, la piattaforma è anti-politica (così come è analizzata nel post su Grillo), ma in versione diciamo più soft, meno rivoluzionaria, più di continuità. Infatti conclude scrivendo: "In assenza di un progetto credibile che sappia unire tutte le forze riformiste, milioni di italiani e una porzione significativa delle migliori energie del Paese rimarranno senza rappresentanza, dando spazio a populismi demagogici e distruttivi".

E' quest'ultimo passaggio che tradisce i reali obiettivi, tutti politici e legittimi, della retorica di Montezemolo. Ma quello che mi preme evidenziare è che lo scenario democratico dell'Italia è in fase di rapida mutazione, disteso su un'ideologia anti-statalista che propone un nuovo civismo partecipativo (anche se per Montezemolo in chiave confermativa delle decisioni dell'elité di governo chiamate a rappresentare la volontà popolare). 
Questa mutazione è la conclusione di un processo che proviene da più di 20 anni di rinsecchimento di tutti quei corpi intermedi che sono stati importanti per lo sviluppo sociale politico ed economico dell'Italia, ma che sono state in parte avvilite svuotandone l'autonomia e l'azione sussidiaria che svolgeva nella realtà sociale. Una forma partito nuova (Forza Italia) ne decretava l'inutilità poichè diventava possibile espletare la relazione con le istanze cittadine in una presunta modalità diretta attraverso i media. E quindi la ricerca e consolidamento del consenso. E quindi la concentrazione del processo decisionale.

La crisi della politica è la crisi di tutti questi corpi intermedi che una volta consentivano la partecipazione organizzata dei cittadini e la sintesi degli interessi di cui erano portatori. Svuotati questi corpi, perchè annichiliti o resi funzionali al consenso, le conseguenze non potevano che essere sofferte dalla politica, perchè la politica è tale solo se non occupa gli spazi propri dello Stato o dell'economia (ovvero delle elité) ma staziona in quegli spazi popolari della organizzazione civile dei diritti di cittadinanza. 
La fine dei sindacati, dei patronati, delle associazioni di categoria e degli stessi partiti, tutti corpi sociali che sono stati violentati dal controllo funzionalista del personale politico di professione che li ha occupati presidiandone ogni possibilità autonoma di espressione e di rinnovamento, non poteva che produrre riverberi sulla stessa sopravvivenza del ceto politico.
Se Berlusconi è stato l'uomo più abile nell'aver compreso la crisi che negli equilibri dello Stato si vennero a determinare nel 1992-1993, presentandosi in prima istanza anch'egli come la novità anti-politica dello scenario elettorale ma di fatto poi evolvendosi come ulteriore degenerazione del panorama della gestione del potere, oggi non vorremmo che ancora una volta si evitasse dal prendere seriamente consapevolezza di quanto sta accadendo, e di come lo scenario che va  delineandosi è sempre meno popolare.

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